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Kadermin

Il legame tra animale e padrone si presta a mille analisi. E, lo diciamo da amanti veri di qualunque quadrupede si muova sul pianeta, anche a qualche commento retorico.
L’uomo, quello che ama davvero gli animali, è ovvio, tende inevitabilmente a umanizzarli. E questo è certamente un bene, perché trattarli come si tratta un amico o addirittura un figlio è un ottimo modo per rispettarli e proteggerli. Ma diventa altrettanto inevitabilmente un nostro limite – di noi umani – soprattutto di fronte alle situazioni estreme: un animale che soffre per malattia o, peggio ancora, che arriva alla fine dei suoi giorni affronta i momenti più duri con una consapevolezza, una serenità, una rassegnazione che non apparterranno mai alla nostra sensibilità. Per lui abbandonare la vita, specie se l’ha vissuta piacevolmente, è un passaggio naturale, un approdo scontato, una fermata definitiva quanto prevista. Per noi, al contrario, è quasi sempre una tragedia, un dolore smisurato, un lutto senza rimedio. E questo ci porta con ogni probabilità ad analizzare (e interpretare) le storie di animali e padroni che la cronaca ci propone di continuo con una vena romantica che può sconfinare nell’esagerazione, se non come detto nella retorica.
Sta di fatto che la ferrea convinzione che i nostri compagni a quattro zampe siano umani quanto e più di noi, che in linea di massima ci capiscano più dei nostri compagni bipedi, che nutrano per noi un affetto incondizionato e unico trova continuamente conferme.
Prendiamo ad esempio l’ultima storia che viene dall'Inghilterra, più precisamente dal Kent. La storia di un’amicizia a dir poco speciale. Un cavallo, di nome Lavender, è morto misteriosamente il giorno prima (per la verità con meno di dodici ore di anticipo) della scomparsa della sua proprietaria, Emma Smith, una ventitreenne purtroppo malata di leucemia. La stranezza sta nel fatto che il cavallo era stato assolutamente sano, fino a quando alla sua padrona, ai tempi ancora quindicenne, non era stata riscontrata la malattia. Da quel momento in poi, il cavallo ha cominciato vistosamente a soffrire.
Secondo il racconto dei genitori della ragazza, il legame tra i due era davvero fantastico: “C’era una formidabile empatia tra di loro e probabilmente il destino ha voluto che fossero uniti fino alla fine”. Da quando la leucemia aveva cominciato a bloccare Emma a letto, la ragazza era riuscita a cavalcare Lavender solamente un paio di volte. Morto Lavender, il giorno dopo anche Emma si è spenta.
"Emma viveva per i cavalli – racconta Julie, la madre – All'inizio Lavender era molto indisciplinato, scappava in continuazione. Ma Emma non si è arresa e, con pazienza, è riuscita a farsi ascoltare. Da otto anni Lavender era una parte importante della famiglia". E il padre, Malcom, aggiunge: "Quando Emma era costretta a curarsi stabilmente in ospedale, l'unico suo pensiero era di tornare a casa con noi e con il suo amato cavallo".
Ora che Emma e Lavender non ci sono più, la famiglia della ragazza ha voluto instituire una fondazione alla memoria di entrambi, per raccogliere fondi da destinare all'ospedale Medway, dove Emma era ricoverata. Un assegno di 1.620 sterline è già stato consegnato il giorno del funerale e in sole due settimane sono stati venduti più di duecento braccialetti in memoria di Emma e del suo straordinario compagno.

(Fonte: Tgcom24)

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