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Il cavallo da compagnia è fuori dal redditometro

(s.p.) Un grande successo per gli appassionati del cavallo e, in particolare, per la FISE, impegnata da mesi, a tutela dei suoi tesserati, in un serrato confronto con l’Agenzia delle Entrate.
La notizia è questa: i cavalli posseduti dal contribuente per passeggiate o per affezione non possono essere utilizzati come parametri per rilevare la capacità contributiva della persona. A stabilirlo, la Commissione tributaria della provincia di Asti, con la sentenza n. 6/12/12 del 31 gennaio 2012.
In questo modo, la Commissione ha stabilito un precedente formidabile a favore delle tesi dei possessori di cavalli da diporto, facendo in fondo proprie le stesse argomentazioni sostenute dal mondo equestre, a cominciare dalla FISE, impegnata da tempo in confronto serrato con l’Agenzia delle Entrate. Con questa sentenza, infatti, viene introdotta una discriminazione tra la "funzione del possesso", una distinzione tra le tipologie di utilizzo dei cavalli: secondo i giudici astigiani, è evidente che i coefficienti ministeriali relativi al cosiddetto redditometro facciano riferimento ai "cavalli da equitazione" destinati all'attività sportiva, animali dunque di grande valore, certamente costosi per quanto concerne mantenimento, trasporto e addestramento; animali, insomma, totalmente diversi da quelli utilizzati per passeggiate o da affezione.
L'Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento sintetico basandosi sui coefficienti – indicati al punto 8 del DM del 10 settembre 1992 – al possesso di "cavalli da corsa o da equitazione", distinguendo tra le situazioni in cui gli animali siano tenuti in proprio da quelle in cui, invece, siano affidati in pensione a soggetti terzi. Ebbene, secondo la Commissione tributaria di Asti non può assumere rilievo, al fine dell’accertamento di un reddito presunto, il possesso di due cavalli, visto che questi animali potrebbero addirittura essere utilizzati "nell'economia agricola di sussistenza". Quindi, i cavalli non potevano essere idonei a determinare la maggiore capacità contributiva emersa dallo strumento-redditometro.
Secondo gli analisti di Eutekneinfo, rivista specializzata in diritto tributario, la decisione dei giudici di Asti potrebbe essere importante anche ai fini del nuovo redditometro, ancora in fase di sperimentazione. Il nuovo strumento tiene conto di circa 100 voci di spesa, tra cui si presenta nuovamente quella relativa al possesso di cavalli (attualmente non pare neppure più ripresa la denominazione "cavalli da equitazione", ma soltanto quella di "cavalli"), inserita nella categoria "Attività sportive e ricreative". Inoltre, nella macro-area "Altre spese significative", sono ricomprese quelle veterinarie. Su questo punto, peraltro, può risultare decisiva la nuova figura del “cavallo-atleta”, inquadrata dal nuovo Statuto FISE: chi pratica agonismo ad alto livello deve necessariamente essere curato con grande attenzione, da specialisti, con inevitabili aggravi nelle spese. E cambia nulla, in questo contesto, abbia due o quattro gambe.
All’argomento la rivista Cavallo Magazine ha dedicato un interessantissimo, dettagliato approfondimento, firmato da Antonio Terraneo. Il titolo, già di per sé illuminante, è, appunto: “I cavalli sportivi meritano una fiscalità più equa”. Eccolo.

(di Antonio Terraneo) Una delle cause principali che ha portato la gente ad allontanarsi dal mondo degli uomini e cavalli è sicuramente dovuto al trattamento che il Fisco italiano ha riservato, in via indiretta, al nostro amato animale. Le maglie di ferro dell’Erario, non potendo colpire direttamente il cavallo, hanno pensato (male) di prendersela con i proprietari, riservando loro un trattamento che giudicare iniquo e discriminante ci sembra un eufemismo. A causa della scarsa conoscenza del nostro ambiente, della cultura inesistente del comparto a livello statale e cavalcando fastidiosi luoghi comuni, il Fisco ha ritenuto per troppo tempo vera l’equazione “possiedi un cavallo, allora sei come minimo benestante”.
Ecco spiegato il motivo per cui nel temuto redditometro, il proprietario viene considerato una sorta di novello Paperon de’ Paperoni.
Se ci riferiamo alle dichiarazioni dei redditi attive fino all’anno 2008/2009, il solo fatto di possedere un cavallo da corsa a pensione faceva lievitare il reddito stimato a 14.520,27 euro, coefficiente 7 (cioè moltiplicato per), che diventano 100 mila euro totali. Per il proprietario di un cavallo da equitazione, sempre a pensione, la stima è di 7.260 euro, coefficiente 6. Per chi invece il cavallo lo mantiene in proprio, tipo lo tiene in casa in campagna, il presunto reddito diventava di 7.260 euro per il cavallo da corsa e di 4.840 per quello equestre.
Tutto ciò, va sottolineato, solo per il fatto di possedere dei cavalli: in quanto a questo montante vanno poi aggiunti tutti gli altri beni che concorrono a individuare il reddito di una persona, come le casa, le auto, le barche e gli aerei.
Nel redditometro insomma è del tutto conclamato l’errato principio che la capacità di amare un quadrupede sia direttamente proporzionale a quella contributiva di un individuo, considerando così un cavallo alla stregua di un bene voluttuario, come una villa in Costa Smeralda o una fuoriserie.
Questa non è certamente una “fotografia” fedele della realtà dei nostri giorni. Ci sono tante persone che si tolgono il pane dalla bocca pur di toccare con mano il mondo del cavallo. Nell’ippica di oggi, essendo da tempo spariti i miliardari annoiati che investivano sul mondo delle corse, la stragrande maggioranza degli atleti sono di proprietà degli allenatori, che per non appendere al chiodo il proprio lavoro, si sdoppiano nei due ruoli, che nel trotto diventano tre perché quasi tutti guidano in corsa il proprio cavallo.
Nell’equitazione poi, tanti genitori, pur di permettere ai propri figli di vivere lo splendido e costruttivo rapporto con il cavallo, fanno i salti mortali, tirano la cinghia in tutte le altre spese evitando perfino di andare in vacanza. In tanti sono poi coloro che, avendo un cavallo anziano, piuttosto che mandarlo al macello fanno grandi sacrifici e lo mantengono fino alla fine della vita. Regole queste, non certo eccezioni, di cui il Fisco per fortuna pare iniziare a tenere in considerazione

Il nuovo redditometro - L’Erario sta capendo l’equivoco di fondo (non solo per i proprietari dei cavalli) e sta cercando una nuova strada per calcolare la capacità contributiva degli individui. Siamo oggi in una sorta di limbo poiché da un lato il redditometro capestro per gli equini che valeva fino al biennio 2008/2009 non è stato ancora ufficialmente rottamato, dall’altro, per calcolare i redditi ci si basa su un nuovo strumento conosciuto come “spesometro”.
Quest’ultimo è un indicatore molto più ampio e ricco di voci su cui calcolare il presunto reddito dei contribuenti. Il paniere dei beni si è notevolmente allargato (viaggi, abbonamenti a Sky, ecc.) e lo possiamo a grandi linee considerare una sorta di “studio di settore” di ogni individuo chiamato a pagare le tasse.
Il problema in questa fase di test è che non è dato conoscere quanto incidano le singole voci e nel nostro caso, quanto “pesi” il fatto di possedere dei cavalli. Speriamo che l’amato equino non sia inserito nella fascia alta, come un bene voluttuario, tanto da fare schizzare alle stelle i parametri di calcolo del reddito. Ma puntiamo soprattutto al fatto che nel nuovo redditometro, che entrerà in vigore una volta terminata la fase sperimentale, il cavallo venga riconosciuto come un bene primario. Un po’ per amore e per riconoscenza verso un vettore che ha lanciato l'uomo sulla strada del progresso e tanto per il fatto che il cavallo, oltre una grande funzione sociale, genera posti di lavoro (stima di 1,8 per ogni equino sportivo più l'indotto), fattore non certo trascurabile in un momento storico in cui l’occupazione vale oro.
Ed è proprio oggi, prima che il sistema vada a regime, che il popolo degli uomini e cavalli, attraverso i propri leader massimi, Unire (pardòn, ASSI) e FISE, sta facendo sentire la propria voce, facendo conoscere ai signori in grigio la forza propulsiva del cavallo e la vera anima del settore. Un comparto in crisi profonda soprattutto per i cavalli che corrono che ha visto nei giorni scorsi tagliare del 50% il montepremi a disposizione nell’ippica. “Oggi insomma e non domani”, come sottolinea Enzo Truppa, commercialista di primo livello, giudice internazionale, papà della splendida campionessa Valentina e oggi nostro prezioso Virgilio in questo complicato viaggio nel mondo dei balzelli e delle gabelle, “deve essere fatta chiarezza sull’incidenza e del peso specifico che deve avere un cavallo sulla dichiarazione dei redditi”.

Ruffo: il cavallo come valore sociale - Francesco Ruffo sull'argomento è categorico e si schiera apertamente a difesa della giustizia equina.
"Il mondo del cavallo deve potere riaffermare la propria dignità sociale", dichiara il segretario generale di ASSI.

"L'incremento qualitativo delle razze equine, missione principale dell'Unire prima e di ASSI poi, è stato riconfermato di interesse pubblico, ma nel contempo viene inserito nel redditometro. Una sorta di contraddizione a cui si deve ovviare quanto prima. Così come il valore di quest’attività non può più essere misurato senza tenere in grande considerazione l'essenza primaria di un mondo produttivo agricolo che è in grado di generare un'elevata redditività sociale. Valutare l'ippica italiana col solo metro della scommessa, che nel tempo ha subito l'aggressione ‘autorizzata’ dallo Stato di una molteplicità di ‘giochi’ diventa un controsenso. Perché non preoccuparsi che oltre 35 miliardi sono giocati nelle VLT e nelle slot-machines, sottraendo quote di mercato ai cavalli?
La non conoscenza del nostro mondo ci procura danni enormi ed il redditometro è stata una delle conseguenze più nefaste. Spesso sentiamo personaggi, anche istituzionali, sparare sentenze basate ‘sul sentito dire e per come viene dagli stessi percepito’ che non tengono in considerazione la filiera produttiva che sta alla base di esso. Di grande rispetto, pertanto, è l'iniziativa del Mipaaf di aver costituito un'apposita commissione sul tema ‘redditometro’: una grande sensibilità per una grande inversione culturale, alla quale non possiamo sottrarci.


La battaglia della FISE - La FISE si è mossa da tempo e sull’argomento abbiamo sentito l’opinione del segretario generale, Sergio Bernardini.
“Al di là del significato etimologico della parola ‘redditometro’ nella sua accezione moderna, possiamo risalire, così come era posto nella sua prima stesura in riferimento al solo possesso di un cavallo, alle ‘gabelle’ risalenti al diritto comune medievale. Configurare il solo possesso di un cavallo come elemento certo di ricchezza per la determinazione del reddito di una persona fisica riporta alla memoria il ‘tallegium’, che era una imposta diretta sul patrimonio che il signore medievale prelevava dagli abitanti dei suoi demani in casi di bisogni straordinari, senza alcuna analisi e senza alcuna distinzione. In aggiunta, se si consideri che l’elenco dei beni rilevatori della capacità contributiva, nel redditometro, non era tassativo e che veniva demandato agli uffici territoriali del fisco ogni giudizio di valore in merito alla reale incidenza dei medesimi, ai fini della determinazione del reddito presunto il sistema non fotografava la realtà. Nel condividere il concetto che il pagamento delle tasse in uno Stato moderno e democratico è un segno di civiltà e rispetto della collettività, è anche vero che le stesse debbano essere recepite come giuste ed eque. Nella circostanza del cavallo, così come era stato inserito nel redditometro, la tassa non appariva né giusta né equa e partendo da tale convinzione abbiamo cercato di sensibilizzare sia il legislatore che i dirigenti dell’Agenzia delle Entrate”.
Ma come si è mossa la FISE in questo campo minato e quali iniziative avete intrapreso? “Dall’attività iniziata dal presidente Andrea Paulgross con vari incontri organizzati con i Ministri di riferimento del passato governo Berlusconi, sino agli incontri avuti anche di recente con i dirigenti dell’Agenzia delle Entrate è emerso chiaramente – prosegue Bernardini – che il nuovo strumento di calcolo del reddito non riconosce più il cavallo da equitazione quale valore economico determinato per la certificazione del reddito presunto del proprietario con una approssimativa valutazione. Bensì è inserito in un elenco che comprende un centinaio di voci utili alla rilevazione del contribuente. Voci rappresentative di vari aspetti della vita quotidiana, indicative di capacità di spesa (da qui il soprannome ‘spesometro’), che contribuiscono ‘congiuntamente’ alla stima del reddito del contribuente. Pertanto non si assisterà più ad accertamenti fatti direttamente a chi è proprietario di un cavallo attribuendo allo stesso il valore presunto di 45 mila o meglio 48 mila euro. Il possesso di un cavallo di equitazione inserito in un elenco di voci significative di rilevazione non inciderà più singolarmente sulla valutazione di redditività del contribuente proprietario, in quanto sarà valutato, come ed insieme, ad altri elementi di rilevazione contributiva quali ad esempio l’iscrizione ad una palestra per lo svolgimento della pratica sportiva; l’assunzione di una colf; l’iscrizione di un figlio ad una scuola privata ecc.”.
“E’ evidente - prosegue Bernardini - che pur non essendo più una pregiudiziale il mero possesso del cavallo di equitazione per un presunto accertamento di reddito sarà comunque importante poter dimostrare agli uffici richiedenti dell’Agenzia delle Entrate i costi sostenuti per il mantenimento dello stesso. Saranno valutate e NON ESCLUSE, come accadeva in passato, se dimostrate, eventuali motivazioni di proprietari che provvedono direttamente alla cura ed al mantenimento del proprio cavallo in strutture di proprietà. Nella circostanza diviene importante sottolineare che rispetto all’opera di sensibilizzazione dell’Agenzia delle Entrate verso le problematiche del mondo equestre, andata a buon fine con l’annullamento di qualsiasi pregiudiziale nei confronti dei proprietari dei cavalli, dovrà necessariamente corrispondere anche un salto di qualità nell’organizzazione del nostro movimento. Da tale assunto nascono anche alcune delle proposte di modifica statutarie deliberate nell’assemblea straordinaria del 19 dicembre scorso e la presentazione alla stessa Agenzia delle Entrate di un software amministrativo-gestionale che la FISE sta realizzando per la corretta gestione amministrativa e fiscale dei propri circoli affiliati e che, entro fine anno, sarà messo a disposizione degli stessi circoli al fine di poter assolvere tutti gli adempimenti necessari per usufruire delle agevolazioni fiscali previste per le società sportive”.
Una questione, quella dei circoli, davvero molto delicata ed urgente che rischia di azzerare l’attività sul territorio. Molti di essi sono stati (e continuano ad essere) visitati dalle Fiamme Gialle che, in molti casi, hanno elevato multe salate contestando loro un’attività commerciale non dichiarata. Fare scuola pony ai bambini, svolgere le funzioni di ambasciatori sul territorio di una cultura equestre, permettere l’attività sportiva del cavallo, non pare davvero un’impresa paragonabile a quella di un supermercato, bensì quella propria di un circolo sportivo ricreativo. Ma a volte il buon senso si scontra con la bulimica fame di denaro del nostro Stato.

L’impegno di Paulgross - Per fare chiarezza su questa dicotomia il presidente della FISE Andrea Paulgross ha ideato una vera e propria sacrosanta rivoluzione, che avrà ripercussioni positive anche sull’aspetto fiscale, dando la dignità di atleta sportivo ai cavalli equestri.
Questo cambiamento – sostiene il presidente federale – è in linea con le aspettative sportive e organizzative del sistema nuovo che la FISE sta portando avanti come obbiettivo primario. Dopo 30 anni di inerzia, abbiamo ritenuto indispensabile ricostruire un rapporto sano con tutte le categorie produttive della filiera equestre. Abbattendo le barriere preesistenti, abbiamo chiesto alle figure cardine del sistema cavallo, i proprietari, gli allevatori e le scuderie, di partecipare attivamente alla vita sociale federale, poiché siamo certi che porteranno nuove energie positive all’ambiente. Lo abbiamo fatto non solo a parole, ma cambiando il nostro Statuto. In tutti i progetti che stiamo lanciando, il cavallo e lo sport sono tornati ad essere il centro del nostro mondo, com’è giusto che sia. Le modifiche statutarie sono il punto di partenza di un cambiamento che proseguiremo nel tempo e il fatto di considerare il cavallo come un atleta dovrebbe anche avere ripercussioni positive sotto il profilo fiscale. Diventa infatti difficile considerare un atleta come bene voluttuario”.

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