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FABIO BROTTO: LA MEDAGLIA E UN SOGNO

di Umberto Martuscelli

Nel vederlo salire sul terzo gradino del podio del Campionato d’Italia sabato 1 maggio 2021 a Cervia si percepiva in tutta evidenza la sua felicità. Ovviamente tutti sarebbero stati felici in quella situazione… ed è poi anche vero che lui, Fabio Brotto, quella situazione l’aveva già vissuta due volte in passato: e per la medaglia d’argento, non di bronzo. Ma questa volta la sua felicità è stata un po’ diversa: perché diversi sono stati i presupposti a seguito dei quali poterla vivere.

«Nei giorni successivi a quel sabato ho pensato e ripensato all’accaduto di Cervia. Non avevo assolutamente pianificato il raggiungimento di un obiettivo del genere… Anche perché spesso io mi sottovaluto un po’ troppo, a volte sono troppo critico nei mei confronti e penso di non poter essere all’altezza dei miei colleghi cavalieri».

Però volendo circoscrivere l’analisi al solo Campionato d’Italia lei prima di Cervia aveva già due medaglie d’argento in carniere…

«Sì, ma al termine dell’edizione dell’anno scorso ero molto amareggiato e deluso. Praticamente ero medaglia fino agli ultimi cinque ostacoli, e su quei cinque ostacoli sono riuscito a fare quattro errori… Va beh, un calo di tensione, un calo della cavalla… Però grande amarezza».

Quindi quest’anno a Cervia andava alla ricerca di una rivalsa?

«No, come ho detto non c’è stato nulla di pianificato. Tra l’altro sapevo che sarebbe stata una gara molto difficile e francamente mi chiedevo se sarei stato all’altezza sia della prova in sé sia del livello dei miei compagni avversari».

Beh, è arrivata una medaglia: risposta eloquente!

«Sono felice, certo. Io come spirito di cavaliere mi sento un po’ a mezza strada tra Giulia Martinengo Marquet e Luca Marziani. Lei perfetta organizzatrice e calcolatrice che studia ogni singolo pelo del suo cavallo dall’inizio alla fine di qualsiasi percorso, lui che invece è istinto puro innestato sulla sua grande esperienza… Questo risultato per me significa molto perché corona questi ultimi anni di lavoro sia mio sia di tutta la mia scuderia, di tutte le persone che lavorano con me: è una ricompensa molto importante per tutti noi».

Gli anni del dopo Gitana, la più importante cavalla della sua carriera…

«Sì, esatto. Gitana è stata uno di quei cavalli che ti cambiano la vita, che ti segnano per sempre. Lei mi ha fatto fare quel tipo di esperienze che poi mi sono rimaste come bagaglio personale da utilizzare al meglio anche con gli altri cavalli. Il dopo Gitana è stato duro perché ho praticamente dovuto ricostruire una scuderia nella quale nel giro di tre anni ho perduto la stessa Gitana, ma poi anche Master Erg delle Roane e prima ancora New Zealand delle Roane, cioè tre cavalli da Gran Premio».

Quindi è partita la ricostruzione

«Sì, dal 2016 è cominciato un periodo di lavoro in cui ho investito molto in Vanità delle Roane e in Vaniglia delle Roane, che erano le due nuove leve del mio allevamento. Le ho portate avanti con grande cura e attenzione. Ci sarebbe stato anche Argento delle Roane, ma purtroppo circa un anno e mezzo fa si è fatto male in modo irrecuperabile e adesso se ne sta al prato… Su di lui puntavo tantissimo, era un cavallo che avrebbe potuto fare la differenza. Poi subito dopo si è infortunata anche Vaniglia che però adesso è pienamente recuperata, così nel 2020 sono rimasto solo con Vanità. Non un grande problema, visto come è andata la stagione e considerando quello che è accaduto… Adesso c’è anche un fratello da parte di madre di Vanità che salta benissimo, ha 8 anni, si chiama Doha delle Roane: conto molto su di lui perché penso che abbia le stesse qualità di Vanità però essendo più semplice di lei. E poi anche un altro cavallo, l’unico che non è nato nel mio allevamento, acquistato in Belgio. Ecco, questo è il gruppo attuale dei miei quattro cavalli».

Vanità a Cervia ha fatto un eccezionale Campionato d’Italia: nessun errore agli ostacoli in tre percorsi, solo penalità sul tempo nella seconda prova in entrambi i giri…

«Lei non è una cavalla facile perché è agile ma nello stesso tempo molto lenta nel suo genere di galoppo: ho fatto moltissime gare di alto livello senza errori agli ostacoli ma uscendo dal tempo… ».

Ecco, parliamo un po’ di lei, di Vanità delle Roane.

«Vanità ha una potenza notevole e mezzi infiniti. Abbiamo fatto insieme Gran Premi importanti e tante gare da 1.60 e non c’è stata una sola volta che io l’abbia sentita forzare o arrivare al limite. Se solo fosse mentalmente più semplice e meno apprensiva… ».

Cioè è una cavalla che si preoccupa molto?

«Pur essendo fisicamente grande e forte, Vanità è mentalmente molto delicata: il mio compito come suo cavaliere è prima di tutto quello di farla sentire brava, forte e capace. Devo sempre avere un dialogo con lei in cui dirle stai tranquilla, ci sono io con te, non ti preoccupare, tu fai le cose rilassata e con calma che al resto penso io… Per fare un esempio, Gitana era molto diversa: lei doveva essere motivata, in campo prova dovevo farle sentire un po’ di pressione, una toccatina con il frustino… poi in gara diventava una leonessa ma bisognava farle capire quando era il momento di darsi da fare. Quando lo capiva, beh… in campo ostacoli non ce n’era per nessuno… Vanità invece la devo accarezzare molto, mai aggredirla, se in campo prova sento che si agita mi devo fermare, metterla tranquilla e ricominciare solo quando la sento rilassata… se sente gli speroni si arrabbia, il frustino neanche a parlarne».

In effetti è quasi un paradosso vedendola così poderosa fisicamente…

«È un contrasto che rappresenta il suo pregio e il suo difetto allo stesso tempo. Pregio perché visto le sue caratteristiche riesco a montarla anche nelle gare più difficili come se stessimo facendo una equitation. Difetto perché ogni tanto si demoralizza: e quando perde il morale bisogna essere pronti a intervenire per tirarglielo su. Ormai dopo anni che la monto conosco molto bene questi suoi meccanismi: ed è proprio per questo che con il passare del tempo lei sta andando sempre meglio».

Il passare del tempo… Lei è un vero dilettante nel senso che la sua attività professionale è quella che la vede impegnato nell’azienda di famiglia: con il trascorrere degli anni può permettersi di lavorare un po’ meno per montare a cavallo un po’ di più, o invece sta accadendo il contrario?

«Eh, bella domanda… Diciamo che ho raggiunto un buon equilibrio. Le cose nella mia azienda stanno funzionando bene, mi sono circondato di persone che con il tempo sono cresciute e che oggi mi danno la possibilità di allentare un po’ la pressione. Negli ultimi anni abbiamo fatto un importante percorso di riorganizzazione interna perché io non voglio essere un imprenditore schiavo della sua azienda, questo l’ho sempre detto e dichiarato con grande certezza. Io ho la mia passione che sono i cavalli e lo sport, e la voglio mantenere al meglio fino a quando lo potrò fare dignitosamente».

Poi c’è anche l’attività dell’allevamento…

«L’allevamento fondamentalmente vive perché è una nostra passione, di mio padre e mia. Lui si occupa dell’allevamento in senso proprio, di tutta la gestione dei puledri, lo sport invece fa parte della mia gestione».

Ma è un’attività redditizia o invece di pura passione? Oggi in Italia allevare non è propriamente facile…

«Infatti, è proprio così… È molto difficile far quadrare i conti, anche perché le spese sono tante. In più c’è da dire che i cavalli buoni, cioè quelli la cui vendita economicamente parlando potrebbe servire molto, li tengo per me. Difficilmente me ne privo. Del resto io lavoro tutto il giorno e non vivo della vendita dei nostri cavalli, non ho bisogno dei soldi di un’eventuale vendita importante per vivere. Gli sforzi e i sacrifici che faccio nel mio lavoro li faccio per poter fare lo sport: questo è l’obiettivo. Se fossi più giovane forse il discorso sarebbe diverso, ma siccome comincio ad avere anche io la mia età e davanti a me ci saranno direi una decina d’anni di attività sportiva di un certo livello, devo cercare di… sparare tutte le migliori cartucce di cui dispongo».

Beh, insomma, in fondo lei ha solo 44 anni…

«Sì, ma l’obiettivo è quello: altri dieci anni di sport cercando di coronare il mio sogno… ».

Che sarebbe?

«Quello di qualunque atleta di qualunque sport: le Olimpiadi ovviamente. Nella mia carriera ho partecipato a due Campionati del Mondo, a Lexington nel 2010 e a Caen nel 2014… Il sogno adesso sarebbe quello: le Olimpiadi».

Intanto come scadenza ormai impellente c’è lo Csio di Roma: la medaglia di Cervia le ha dato la qualifica di diritto.

«Sì, e per me è una cosa molto importante dato che da un po’ di tempo vi mancavo. Perché non c’è niente da fare: Piazza di Siena per ogni cavaliere italiano è il concorso più importante del mondo, c’è la storia, c’è la tradizione, c’è il segno di tutti i più grandi cavalieri e cavalli del pianeta… Per noi Roma vale quasi quanto un campionato internazionale. Quindi sì: il mio sogno sono le Olimpiadi, ma adesso tutta la concentrazione è su Piazza di Siena!».