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LAURA LORENZETTI, LA FORZA DELLA PASSIONE

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

2021.02.14 - «Qui siamo un bel gruppo di italiani: una specie di piccola comunità, ma siamo in tanti. Si sta bene, soprattutto per fare quello che stiamo facendo: io nel raggio di meno di venti chilometri di distanza ho quattro centri dove si organizzano concorsi regolarmente… ».

Parla Laura Lorenzetti, 31 anni, veronese, stabilitasi in Olanda alla fine del 2018 insieme a suo marito Matteo Valentini, direttore commerciale del marchio eQuick, produttore di protezioni per cavalli. Una giovane donna la cui vita è peraltro già piena di esperienze importanti: perché dentro di lei spinge continuativamente il propulsore più potente del mondo, cioè la passione…

«Ho cominciato a montare perché ero fissata con i cavalli, nonostante nella mia famiglia non ci fosse nessuno del settore. Fin da piccolissima ho avuto questa passione… ho rotto le scatole ai miei genitori talmente tanto che alla fine hanno ceduto: e così quando avevo 9 anni mi hanno portato a Zevio, al centro ippico Vola con Pegaso».

Chi è il responsabile della sua formazione?

«Dopo un anno ho conosciuto la persona che posso considerare come la mia istruttrice storica, Eva Larsson, svedese, che a quei tempi nella zona di Verona faceva un po’ la freelance, nel senso che non aveva una sua base fissa, si spostava in vari maneggi per insegnare. Lei è stata la persona più importante per la mia istruzione».

Aveva già cavalli di sua proprietà?

«Nel 2001 i miei genitori mi hanno regalato il mio primo cavallo, una cavalla in realtà, molto giovane, entrava nei sei anni, un caratterino, una sgroppatrice, ma con lei ho imparato a entrare nella mentalità del cavallo giovane, aiutata da Eva Larsson che ogni tanto me la montava. Alla fine siamo diventati un bel binomio: con lei sono passata dalle B100 alle 125».

Ma in questa fase della sua vita come considerava lo sport equestre?

«Da subito ho deciso che lo sport equestre sarebbe stata la mia vita. L’ho capito immediatamente, ho sentito subito che quella sarebbe stata la mia strada. All’inizio ero molto orientata a vedermi come un’insegnante anche perché prendevo la mia istruttrice come punto di riferimento e modello: io volevo diventare come lei. Così a 17 anni ho fatto il corso di animatrice pony, a 18 il corso istruttori, prima Oteb poi 1° livello, e appena finita la scuola ho cominciato a lavorare mezza giornata per un commerciante, Fedele Tamagnone, che adesso purtroppo non c’è più».

E l’altra mezza giornata?

«Avevo aperto una piccola scuoletta che gestivo io, in provincia di Verona: ci eravamo affiliati Engea perché costava tutto meno dal punto di vista gestionale. Si faceva anche monta americana, c’era un po’ di tutto, però si stava bene, facevamo delle belle grigliate, era tutto molto divertente. Avevo un pony, un cavallotto anziano, e i miei due cavalli da concorso che però facevano ugualmente le lezioni perché bisognava mantenere il tutto in qualche modo e io dovevo anche pagarmi le spese dei concorsi. È stata una bella gavetta… Ho dovuto fare tutto da sola e questo sicuramente mi ha temprato per bene, senza dubbio».

È andata avanti molto questa situazione?

«Non tanto in effetti, perché quando avevo circa 19 anni Eva Larsson mi ha chiamato per dirmi che avrei potuto lavorare per Alberto Chincherini in un maneggio di Verona che si chiamava Centro Ippico Antares. Lì ho potuto lavorare con Eva Larsson montando moltissimi cavalli giovani: è stata un’esperienza fondamentale, lei mi ha insegnato un sacco di cose».

Però un cavallo importante è stato Fazell, che lei ha montato quando lui non era propriamente un giovinetto…

«Sì, è vero. In quegli anni io non avevo la possibilità economica per fare degli investimenti in cavalli, anche perché provengo da una famiglia normale, i miei genitori facevano i pasticceri, poi mio papà è venuto a mancare quando avevo 12 anni… insomma, sono cresciuta con i piedi ben piantati a terra, non avevo grandi possibilità, le cose non venivano mai da sole, mi sono dovuta guadagnare tutto… Fazell era di Mattia Faccincani, con il quale io ho sempre avuto un bel rapporto, passavo quasi tutte le estati da lui come una specie di figlia adottiva… Quando lui si è trasferito in Germania il cavallo è rimasto a casa un po’ abbandonato a sé stesso, è restato al prato a lungo, e a un certo punto mi hanno detto che se volevo potevo andare a prenderlo. Fazell aveva 18 anni, era un cavallo di qualità, aveva fatto cose importanti… Io l’ho portato a casa, l’ho rimesso in sesto e con lui ho fatto le mie prime 140. Una bellissima soddisfazione: Fazell mi ha dato l’anima, è stato come se ogni giorno mi ringraziasse per averlo fatto tornare in forma e attivo… una sensazione bellissima».

Anche Chilli Z ha avuto un ruolo significativo per lei…

«Sì, con lui ho fatto i miei primi Gran Premi. Quando Fazell era diventato troppo anziano per continuare l’attività agonistica Martina Casaro, anche lei veronese, mi ha fatto sapere che avrebbe smesso di montare e che quindi doveva vendere il suo cavallo, Chilli Z appunto, me l’avrebbe dato praticamente per niente: io non l’ho nemmeno provato, l’ho comperato al telefono… !».

Tutti cavalli esperti e maturi, quindi.

«Non solo. Dando fondo a tutti i miei risparmi in quel periodo ho comperato un puledro alle aste di Zangersheide, un cavallo di due anni e mezzo che si chiamava Voulez Vous. Ovviamente non domato, un po’ pazzerello: l’ho portato a casa, con lui ho fatto tutti i circuiti per i cavalli giovani, aveva veramente qualità, ho pensato che potesse essere il cavallo per il mio futuro… Nel frattempo avevo lasciato l’Antares e avevo cominciato a montare mezza giornata per Rori Marzotto, l’altra mezza da Antonio D’Agostino a Verona. Belle esperienze: quella da Rori durata un po’ meno, però lì ho avuto modo di seguire qualche stage di Albert Voorn e anche di essere seguita per un certo periodo da Sante Bertolla. Lasciata la scuderia di Rori Marzotto, mi sono trasferita del tutto da Antonio D’Agostino».

E Voulez Vous?

«Oh… lui a sei anni si è qualificato per il Campionato del Mondo di Lanaken. E una settimana prima di partire per Lanaken mi sono sposata con Matteo Valentini, il quale dopo aver lavorato per una compagnia aerea è diventato il proprietario del marchio eQuick. Ci siamo sposati nel 2013 e dopo una settimana siamo andati a Lanaken: un viaggio di nozze un po’ particolare… ! Lì è stata un’esperienza bellissima… ma ho venduto Voulez Vous: da una parte una soddisfazione immensa, dall’altra crisi esistenziale e pianti a volontà… lui era il cavallo della mia vita, gli ero affezionatissima, ero disperata… Il mio povero marito era sconcertato: ma può essere che questa qui vende un cavallo e si dispera… ?!».

Beh, sì, è comprensibile, non sempre cuore e necessità professionali vanno insieme…

«Infatti. Quindi Matteo mi dice: dai, ci sono le aste dei foal, comperiamo un cavallo… Ma nonostante quella di Voulez Vous fosse stata davvero una buona vendita, il budget a mia disposizione era piuttosto basso… Sono andata a guardare tutti i puledrini, mi sono annotata tutto sul catalogo, e ne ho trovata una che ha fatto proprio breccia nel mio cuore, veniva a farsi fare le coccole e i grattini. Si chiamava Madonna, l’ho comperata con quei pochi soldi che avevo a disposizione. Abbiamo conosciuto il suo allevatore e gli abbiamo proposto di tenerla da lui fino ai tre anni e mezzo, perché il clima e i prati che ci sono lì in Olanda noi ce li sogniamo… Così lei è rimasta lì, nel suo branco, su quei prati immensi, felice come una Pasqua».

E poi è la volta di Leeza…

«Sì, esatto. Sono andata in Germania a cercare dei cavalli per alcune persone che avrebbero voluto farli montare a me. Ho trovato Leeza, 7 anni, ottima cavalla, molta forza, molti mezzi: solo che queste persone a un certo punto si sono tirate indietro… Ma io Leeza l’ho voluta comperare lo stesso, utilizzando tutti i soldi guadagnati con la vendita di Voulez Vous. Una cavalla fantastica solo che una volta arrivata a casa per due mesi non sono riuscita a chiudere un solo percorso a zero, ero disperata: abituata alla monta tedesca, con me si è trovata fuori equilibrio, tutta sbilanciata, cose che a mente fredda si capiscono, ma sul momento non riesci bene a realizzare cosa stia succedendo».

Come ha risolto, poi?

«Grazie a mio marito, che è sempre quello più coraggioso… Un giorno lui ha deciso di scrivere a Giulia Martinengo Marquet e a suo marito Stefano Cesaretto per chiedere aiuto per me. Loro hanno subito risposto positivamente, mi hanno invitata per fare qualche lezione, così ho iniziato ad andare da loro una volta alla settimana con solo la mia cavalla, poi con qualche cavallo di Antonio D’Agostino, poi loro mi hanno proposto di portare lì in scuderia la mia cavalla e di iniziare a lavorare con loro mezza giornata, le cose sono andate bene e… insomma, dopo qualche mese mi sono trasferita a tempo pieno e ho trascorso con loro tre anni per me fondamentali. Stefano è un tecnico favoloso, inizialmente io… diciamo che scaldavo i cavalli di Giulia, poi pian piano ne ho avuti di affidati solo a me, e così ho imparato tantissimo anche per quanto riguarda la gestione dei cavalli impegnati nello sport, le trasferte, l’organizzazione dei concorsi… sono andata due anni consecutivi in Spagna a Oliva e una trasferta così lunga all’estero non l’avevo mai fatta in tutta la mia vita… ».

Stare vicino a una campionessa come Giulia Martinengo Marquet sarà stato anche molto stimolante!

«Sì, certo, io il grande sport non l’ho mai fatto, stare vicino a lei me l’ha fatto vivere di riflesso, la preparazione dei cavalli, la preparazione della trasferta, le cose, il camion, quello che va fatto e quello che non va fatto… Una bellissima esperienza per capire come gira lo sport agli alti livelli. Poi tutti i cavalli del loro allevamento Bianca Luna, un grandissimo lavoro sui puledri. Però di fondo c’era sempre la solita domanda… ».

Quale?

«Corro, faccio, lavoro tanto: ma alla fine di mio cosa mi rimane?».

E la risposta?

«Abbiamo a lungo riflettuto con Matteo, e alla fine ci siamo detti: perché non proviamo a trasferirci all’estero?».

Caspita, che risposta…

«Ho detto: se andiamo, l’unico posto in cui vorrei stare è in Olanda vicino all’allevatore di Madonna… Con lui avevamo creato un bel rapporto mantenuto nel tempo, almeno potevamo stare vicino a persone conosciute che avrebbero potuto darci anche una mano».

Quindi siete partiti così?

«Sì, alla fine del 2018. Abbiamo caricato Madonna, che nel frattempo era arrivata da noi in Italia, un altro cavallo che avevo comperato mentre ero da Giulia e Stefano, un puledro di 4 anni di un proprietario, più un cavallo di una mia amica che voleva venderlo a tutti i costi… Io, mio marito e i nostri due cani… e siamo partiti alla fine di ottobre 2018».

Chissà che emozione…

«Sì, anche perché dopo 200 chilometri ci si è fermato il van… ! Per fortuna c’era la scuderia di un mio amico nelle vicinanze e in qualche modo abbiamo risolto».

E dove vi siete sistemati in Olanda?

«Per i primi due anni nella scuderia di una ragazza norvegese, venti box, maneggio coperto, giostra coperta, tondino, paddock… tutto quello che serviva. E anche una piccola casetta che condividevamo con un groom che lavorava lì. Non la migliore sistemazione possibile, ma io volevo assolutamente vivere in scuderia anche perché non avevo un groom e quindi dovevo farmi tutto da sola. Dunque volevo stare lì. Adesso invece ci siamo trasferiti in un altro posto sempre nel sud dell’Olanda dove ho anche qualche allievo da seguire e sei cavalli in lavoro».

Come è stato l’impatto con la vita olandese?

«In Olanda c’è un modo completamente diverso di fare le cose. Quando sei lì ti rendi conto che da noi in Italia il nostro sport è considerato praticamente un hobby, mentre in Olanda è a tutti gli effetti un lavoro. Ma non solo questo: poi c’è anche il fatto che le persone sono molto più disponibili ad aiutarsi tra loro, si collabora molto di più… I cavalli hanno il loro mercato, ed è un mercato giusto: se un cavallo non è buono è inutile nasconderlo perché lo sanno tutti, quindi viene venduto alla cifra giusta. C’è molta più concretezza ed equilibrio, ecco. E poi il vantaggio impagabile è avere nel giro di un’ora da casa tantissime possibilità di gare e concorsi».

La sua idea è di dedicarsi allo sport oppure al commercio?

«Beh, il mio sogno è lo sport, però non ne ho le possibilità, quindi ci siamo concentrati sui cavalli giovani da valorizzare. Uno di questi, Diamantino, lo abbiamo venduto in Svezia dove l’hanno scorso ha vinto il campionato nazionale dei cavalli di sette anni: adesso sembra che passi sotto la sella di Malin Baryard o di Peder Fredricson, perché il proprietario è la scuderia H&M».

Quindi vi siete sistemati bene… Pensate di rimanere in Olanda a lungo?

«Il progetto sarebbe questo, sì. Però bisogna vedere come vanno le cose, con i cavalli non si può mai dire… In ogni caso devo riconoscere che tornare in Italia non mi alletta particolarmente: potendo scegliere un progetto a lungo termine… sì, direi che preferisco stare in Olanda. Ma anche per i costi: qui per portare fuori in gara un cavallo di 4 anni pago 20 euro e torno a casa la sera, in Italia invece tutto è una spesa enorme… ».