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ALESSANDRO ARGENTON: UNA LEGGENDA

di Umberto Martuscelli

2024.01.08 - Alessandro Argenton ha concluso il suo cammino terreno ieri e da ieri entra dunque nella leggenda, dimensione riservata unicamente a chi ha saputo rappresentare in senso universale e trasversale un valore, un riferimento, un simbolo per un mondo intero: nel nostro caso, il mondo dello sport equestre.

Dentro Alessandro Argenton c’è tutto, e questo tutto è difficile da raccontare in modo organico e razionale: bisognerebbe comporre una biografia scandita cronologicamente per avere infine il panorama completo… Prima di tutto in Alessandro e in suo fratello minore Ruggero (nati rispettivamente nel 1937 e nel 1939) c’è la famiglia con un padre generale dell’esercito italiano, Mario Argenton, doppio eroe: prima, durante la guerra per i suoi atti di valore, poi, dopo l’8 settembre 1943, per la sua dedizione alla causa partigiana entrando nella lotta clandestina combattuta prima a Roma e poi trasferendosi al nord, subendo arresti e torture ma senza mai piegarsi… C’è una fotografia-simbolo della liberazione dell’Italia, quella che ritrae la sfilata dei partigiani a Milano il 6 maggio 1945. In testa all’imponente corteo ci sono gli uomini che compongono il comando del Corpo Volontari della Libertà, la struttura militare di coordinamento generale della resistenza durante la guerra: da destra Fermo Solari, Enrico Mattei, Luigi Longo, Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri, Giovanni Battista Stucchi e lui, Mario Argenton. Una fotografia di potenti significati… Mario Argenton è anche il primo uomo a portare la voce dei partigiani in un’occasione ufficiale istituzionale, martedì 15 gennaio 1946 nell’assemblea plenaria della Consulta Nazionale. Il suo è un lungo discorso che in alcuni passaggi suscita fortissime emozioni: «Noi abbiamo combattuto soprattutto per la nostra Patria e non per un comodo affiancamento a un esercito che si preannunciava vittorioso. Abbiamo combattuto per riconquistare a noi stessi il diritto di ritornare a testa alta fra gli uomini liberi in una libera Patria. La nostra lotta è durata due lunghi inverni, mentre sulle nostre case, sulle nostre famiglie non solo pesavano le rappresaglie tedesche e fasciste, ma purtroppo cadevano anche le bombe alleate».

Questi sono i valori e i pensieri civici ed etici che Mario Argenton trasmette ai propri figli, nel loro sangue, nel loro cervello, nel loro cuore… Ma trasmette loro anche la potente passione per i cavalli e prima di tutto per le corse in pista, terreno su cui egli stesso è un fuoriclasse con un totale di 170 vittorie tra piano e ostacoli. Alessandro arriverà addirittura a raddoppiare la cifra dei successi paterni, totalizzando a partire dal 1952 più di 300 primi posti… ! I fratelli Argenton iniziano a montare a cavallo a Torino ma poi crescono e completano la loro formazione tecnica e agonistica a Roma, sotto la sapiente guida di Giuseppe Chiantia alla Società Ippica Romana, dove stanno sbocciando i giovani Graziano Mancinelli (coetaneo di Alessandro: entrambi nati in febbraio del 1937) e Alberto Riario Sforza. Dentro Alessandro dunque si riversa tutta la migliore equitazione italiana di stampo caprilliano: a Roma in quegli anni lo scenario dello sport equestre vede protagonisti personaggi del calibro di Ranieri di Campello, Carlo Costanzo d’Inzeo e i suoi figli Piero e Raimondo, Adriano Capuzzo, Giulia Serventi, più tutti i grandi campioni militari del presente e del passato come Gerardo Conforti, Antonio Gutierrez, Francesco Formigli, Tommaso Lequio… Insomma, un ambiente da cui il giovane Alessandro assorbe i migliori principi dell’equitazione sportiva sia in senso tecnico sia in senso agonistico.

Da questa miscela di per sé straordinaria nascono sia un uomo sia un cavaliere ugualmente straordinari soprattutto nella specialità del completo. La carriera agonistica ne sarà una diretta conferma, con la partecipazione alle Olimpiadi di Roma 1960, Tokyo 1964 (medaglia d’oro a squadre), Città del Messico 1968, Monaco 1972 (medaglia d’argento individuale) e Montreal 1976. Più – naturalmente – una impressionante quantità di successi in gare internazionali sia di completo sia di salto ostacoli.

Alessandro Argenton è dunque un valore e un simbolo per tutto lo sport equestre italiano. Ma per quello veneto lo è – se possibile – perfino di più. È infatti ai fratelli Argenton che si deve la nascita di uno dei centri ippici più belli e ricchi di storia della nostra regione. Durante i loro anni giovanili alla Farnesina (la Società Ippica Romana) Sandro e Ruggero conoscono Paolo Cavatorta, giovane cavaliere romano di grande passione e qualità: anche lui verrà convocato da Fabio Mangilli – tecnico azzurro per il completo – ai Pratoni del Vivaro per svolgere il ritiro di preparazione in vista delle Olimpiadi di Tokyo 1964 (poi la squadra vincitrice della medaglia d’oro sarà infine composta da Alessandro Argenton su Scottie, Giuseppe Ravano su Royal Love, Paolo Angioni su King e Mauro Checcoli su Surbean, quest’ultimo formidabile vincitore anche del titolo individuale). Cavatorta diventerà un eccellente architetto e proprio a lui i fratelli Argenton affideranno l’incarico di progettare il loro centro ippico a Mogliano Veneto (Treviso) dopo aver lasciato Roma nel 1968 ed essersi stabiliti a Mestre. Nasce così il Centro Equestre Veneto, il Cev, un impianto che unisce funzionalità tecnica a bellezza architettonica, divenendo a partire dal 1972 – anno dell’inaugurazione – un modello ineguagliato da ogni punto di vista e rappresentando da quel momento in poi un punto di riferimento per tutta l’attività regionale sia didattica sia agonistica per salto ostacoli e completo indifferentemente: sotto la guida della grande famiglia Argenton che si compone non solo di Alessandro e Ruggero ma anche delle loro mogli – rispettivamente Monica Bruscagnin e Stefania Rizzardo – e dei loro figli, amazzoni e cavalieri e istruttori a loro volta.

Alessandro Argenton è un uomo – una persona, un campione – che è molto difficile considerare non più presente tra noi, fisicamente parlando. Anzi, non difficile: impossibile. Lui c’è sempre stato, da che lo sport equestre agonistico è rinato in Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale, e c’è sempre stato recitando un ruolo di primo protagonista… Ma se anche non lo vedremo più al nostro cospetto, avremo sempre e comunque la percezione della sua presenza: Sandro lo sentiremo nel galoppo di un cavallo, lo vedremo in un percorso di cross, lo avvertiremo ovunque esista lo sport equestre. Perché dello sport equestre Sandro Argenton è elemento costitutivo. Quindi c’è e ci sarà: per sempre.

 

Alessandro Argenton in gara a Saumur nel 1980 in sella a Rio (ph. Les Garennes)