Main
Official
RideUp
RideUp
Kadermin

Roma 2020: un sogno da 17,7 miliardi

Le speranze del mondo dello sport (e non solo), il freno della crisi. L’Italia si divide all’orizzonte di Roma 2020, delle Olimpiadi sognate, delle opportunità da cogliere, delle casse statali malinconicamente vuote. Ma è una divisione non equanime: tre italiani su quattro vogliono i Giochi, indica il sondaggio appena prodotto dal superesperto Mannheimer. E altri numeri (quelli di un ritorno garantito da incassi, creazione di posti di lavoro, maggiore gettito erariale, impennata del Pil e via conteggiando) incoraggiano l’ottimismo di quanti, anche all’interno del governo, guardano alla prospettiva olimpica come a un treno sul quale cercare di saltare ad ogni costo.
Giornata cruciale, quella di ieri, per il Comitato promotore di Roma 2020, tra incontri, conferenze, dibattiti (prima nei palazzi della politica, poi in Campidoglio) ispirati soprattutto dalla volontà – che come detto è essenzialmente del mondo dello sport, ma anche di altri – di lanciare la sfida.
Partiamo dai numeri. Le Olimpiadi del 2020 a Roma determinerebbero una crescita del Pil pari a 17,7 miliardi di euro nel periodo 2012-2025: un aumento complessivamente dell'1,4%. E’ il dato forte della relazione della commissione di compatibilità economica presieduta da Marco Fortis, che si è avvalso dell’importante collaborazione di Franco Carraro, presentata ieri al premier Mario Monti, che ha ricevuto il Comitato promotore assieme ai presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani.
La crescita del Pil coinvolgerebbe tutte le regioni d'Italia, ovviamente con maggiore concentrazione al centro, ma con benefici importanti anche al nord e al sud. Le Olimpiadi a Roma sarebbero praticamente a costo zero per lo Stato, è la sostanza dell’analisi della commissione, sposata con forza ieri dal sindaco di Roma Alemanno, con i 4,7 miliardi di euro di spesa pubblica in grado di generare tuttavia un maggiore gettito erariale per il Paese, pari a 4,6 miliardi di euro. L'intero volume di spesa per le Olimpiadi a Roma sarebbe di 8,2 miliardi di euro, a fronte di un introito di 3,5 miliardi tra proventi del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, per diritti sponsor e tv, biglietti, sponsor locali, lotterie, ricavi da valorizzazione immobiliare. Calcolata anche la possibilità di creare 29 mila posti di lavoro soltanto nel 2020 (complessivamente sarebbero 170 mila) e di garantire a Roma capitale, e quindi più in generale all’Italia, un profondo remaquillage, con un notevole incremento di immagine di oggettiva efficienza nei servizi, nella logistica, nelle strutture.
L’ottimismo del CONI
Lo sport italiano si presenta compatto a questa grande sfida – il commento del presidente del CONI, Gianni PetrucciNoi ci crediamo. E’ nel nostro Dna fare le Olimpiadi e non solo partecipare. Ci crediamo perché ci chiamiamo Italia (quinto Paese al mondo nel medagliere olimpico) e in questa fattispecie ci chiamiamo Roma. La nostra squadra è unita e coesa. È difficile, lo sappiamo, ma ce la possiamo fare. Una spinta ulteriore può darcela il costo del progetto, che è il più basso di tutti: è la soluzione che il CIO predilige, specie in un’epoca come questa”.
Sullo stesso tono le parole di Mario Pescante, presidente del Comitato promotore per Roma 2020 e vice presidente del CIO: “Partecipare è utile, ma noi puntiamo a vincere. Questa è una gara a squadre e Roma ha alle spalle la 'squadra Italia’ al completo, unita e compatta. E’ già un primo obiettivo straordinario. Quelle del '60 furono le Olimpiadi di una rinascita concreta e plateale dell'Italia. Anche oggi questo Paese può rilanciarsi con lo sport. I Giochi servono per dare una scossa, fiducia e credibilità. Proponiamo piano fatto di investimenti e crescita”.
La parola alle Camere
Più cauti i commenti del governo, in particolare di Piero Gnudi, attuale ministro del Turismo e dello Sport: “Da parte nostra c’è entusiasmo, ci mancherebbe. Per me, come responsabile del dicastero, i Giochi a Roma sarebbero addirittura un sogno. Ma di questi tempi non possiamo non restare coi piedi saldamente piantati per terra. Il momento del Paese è sotto gli occhi di tutti: con un punto di spread, che equivale a 20 miliardi di euro, di Olimpiadi se ne fanno tre. La decisione però non spetta a me, ma al governo”. Ora la parola in effetti passa a Camera e a Senato, che dovranno esprimersi entro fine mese, possibilmente con scelta bipartisan (“Meglio sarebbe se la mozione di indirizzo fosse votata con lo stesso testo e nello stesso giorno”, ha detto ieri Gianni Letta, che del Comitato promotore è presidente onorario).
Tempi stretti
Il tempo stringe: entro il 15 febbraio il governo italiano deve presentare al CIO le guarantee letters, un impegno non solo formale ad appoggiare la candidatura olimpica di Roma. Poi, in aprile a Mosca, la presentazione ufficiale di tutte e sei le candidature per il 2020, con filmati di alto contenuto cinematografico-illustrativo (per l’Italia ci sta lavorando, tra qualche polemica, Franco Zeffirelli) e altri documenti dettagliati, con tanto di disegni e plastici di impianti e strutture, in appoggio alle singole proposte. A maggio, la dura scelta selettiva del CIO: il lotto dei concorrenti, oggi sei, verrà ristretto a tre, massimo quattro possibilità. Le tre-quattro finaliste, appunto, che si sfideranno definitivamente in Argentina, di fronte al Rio de la Plata, a Buenos Aires, il 7 settembre del 2013.
Cifre favorevoli all’Italia
A nostro favore, al di là della lunga, evidente astinenza da Olimpiadi (le ultime e uniche le abbiamo ospitate nel 1960) e dell’indubbio fascino internazionale tuttora vantato da questo Paese, giocano anche le cifre. Il CIO non sopporta la definizione di low cost – assai meglio parlare di “progetto sobrio” – ma non v’è dubbio che non può chiudere gli occhi di fronte a una crisi che è ormai globale e, quindi, ignorare i numeri. Se Pechino per le sue Olimpiadi ha speso 180 miliardi di euro, Londra ne spenderà quasi 13 e Rio de Janeiro tra quattro anni ne spenderà 14, Roma per il 2020 ha conteggiato meno di 10 miliardi, 9,8, con analisi che attestano un’uscita reale per lo Stato di soli 4,7 miliardi. Nessuna delle nostre concorrenti sarà in grado di produrre un progetto più vantaggioso. Il vantaggio è evidente, se si resta alla fredda analisi del rapporto qualità-prezzo: Roma è Roma.
Le nostre rivali
Detto che per strada qualche Paese inizialmente interessato alla candidatura si è già fatto indietro (Stati Uniti e Francia su tutti), vale la pena ricordare infine quali siano effettivamente e nostre rivali. Sono cinque, s’è detto: Tokyo (Giappone), Madrid (Spagna), Istanbul (Turchia), Doha (Qatar) e Baku (Azerbaijan). Vediamole una a una.
Molti considerano solo di facciata la proposta targata Baku. La capitale dell’Azerbaijan, probabilmente nel lotto quella con meno fama internazionale, è in realtà una città bellissima (la zona più vecchia, a ridosso del porto sul mar Caspio, è patrimonio dell’umanità per l’Unesco), situata in mezzo a uno Stato in piena crescita, il più ricco, esteso e importante del Caucaso, fondato sulla potenza economica del petrolio, l’oro nero di cui abbonda il sottosuolo azero. Baku ospiterà quest’anno l’Eurofestival, una sorta di Sanremo a livello europeo: da quelle parti, in Asia, viene considerata una grande ulteriore apertura verso l’Occidente. Questa candidatura alle Olimpiadi è la seconda consecutiva: nella selezione per i Giochi del 2006 Baku non superò la prima fase.
C’è chi non mette su un piano assai diverso Istanbul, che – parallelamente – esprime tutta la voglia della Turchia di affermare un rinascimento che, cifre alla mano, è sempre più evidente nello sviluppo costante del Paese, assai cresciuto a livello industriale ed economico, pur non avendo smarrito affatto le sue straordinarie radici di ponte verso l’Asia. A favore della splendida Istanbul (o del tutto a sfavore: questione di punti di vista) la lunga serie di bocciature incassate negli anni dal CIO: quella attuale è la quinta candidatura di fila degli sfortunatissimi turchi, che hanno sempre vista respingere con fermezza la loro voglia di Olimpiadi.
Restando in quest’ottica – ma, insistiamo: occhio alle possibili sorprese – diventa difficile escludere che, a gioco lungo, le vere rivali di Roma saranno Madrid e Tokyo. La capitale di Spagna si presenterà forte dell’uscita sofferta all’ultimo ballottaggio nell’assegnazione dei Giochi del 2016 (in totale, questo sarà il suo terzo tentativo di fila). Non avrà più dietro le quinte un grande tessitore come Juan Antonio Samaranch, ma forse potrà passare all'incasso di qualche credito pregresso: le Olimpiadi, a differenza dell’eterna rivale Barcellona, Madrid non le ha mai avute.
La candidatura di Tokyo potrebbe essere indebolita dall’assegnazione all'Asia dei Giochi invernali del 2018 (li ha ottenuti PyeongChang, Corea del Sud), ma vivrà della suggestione della ricostruzione di un Paese distrutto dal terremoto e dallo tsunami del 2011. A svantaggio dei giapponesi gioca però il tempo: si fosse votato qualche mese fa, sull’onda dell’emozione internazionale, non ci sarebbero stati dubbi sulle altissime possibilità di vittoria di Tokyo, che ospitò i Giochi nel ‘64. Ma per fortuna la scelta finale avverrà solo tra tredici mesi: campa cavallo…
Resta il Qatar, resta Doha, temibilissima outsider. A favore degli arabi, l’indiscutibile novità che comporterebbe un’apertura del CIO nei confronti di un Paese, il primo del Medio Oriente, che si è già visto assegnare l’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2022 e, ovviamente, gli immensi capitali che potranno investire nella loro campagna elettorale. Qualcuno fa notare la benevolenza già ottenuta con la concessione, sempre da parte del Comitato olimpico internazionale, a spostare il periodo di svolgimento delle Olimpiadi, come richiesto da Doha, in una finestra tra il mese di settembre e il mese di ottobre, per evitare i picchi di calore estivo. Benevolenza sospetta? Lo sapremo al più tardi il 7 settembre del 2013.

Media Partner
Cavallo Magazine  Equestrian Time
Charity

 

artlogo ops ETS color rid

Supplier Logo Askoll Gold Span My Horse 40X40 LOGO ECOHORSE CON SCRITTA